Apparato respiratorio e allenamento aerobico
Il corpo umano è senza dubbio una creazione meravigliosa, un miracolo assoluto nella sua complessità e nel suo potenziale.
Le cellule del corpo sono sostituite ogni 12 mesi. La mente si riflette sul corpo e quindi solamente educando la propria mente, possiamo riuscire a controllare la nostra salute.
Abbiamo bisogno di un piano ed un impegno personale per seguire un idoneo stile di vita con un regolare esercizio fisico.
Un’alimentazione sana e nutriente, un riposo adeguato ed uno stato mentale positivo: le basi fondamentali della salute e dell’eccellenza del fitness.
Maggiori sono le conoscenze che abbiamo, più è soddisfacente il risultato al quale puntiamo: insomma, impariamo dal passato, viviamo il presente e pianifichiamo il futuro…
Brevi cenni sull’Apparato Respiratorio
Tutto inizia dai polmoni, dove l’aria respirata viene trattata e l’ossigeno viene rimosso e trasferito nella circolazione sanguigna per essere distribuito in tutto il corpo.
Quando l’aria entra nei polmoni, l’ossigeno viene estratto, “imbottigliato” nelle cellule rosse del sangue e quindi inviato nel flusso sanguigno per la distribuzione.
Le “bottiglie” quando arrivano al tessuto scambiano l’ossigeno con i “prodotti di scarto” (anidride carbonica e acqua) e quindi trasportano questi “scarti” di nuovo ai polmoni dove vengono espirati.
L’aria che respiriamo è costituita dal 21% di ossigeno e dal 79% di azoto, con ulteriori tracce trascurabili di altri gas.
Queste proporzioni non variano mai: ciò che varia è la quantità di aria che i polmoni sono in grado di ventilare.
Se i polmoni non possono trattare abbastanza aria, non riescono neanche ad estrarre ossigeno per produrre sufficiente energia.
Non possiedono muscoli propri i nostri polmoni; la loro espansione e contrazione dipende dai muscoli della cassa toracica e dal diaframma.
Quando inspiriamo, i muscoli attorno ai polmoni sviluppano un volume maggiore nella cavità polmonare, creando così una pressione negativa parziale; aiutata dalla diversa pressione atmosferica l’aria vi entra.
Invece quando espiriamo, i muscoli, aiutati un po’ dalla naturale elasticità dei nostri polmoni e dalle pareti toraciche, si contraggono per creare una maggiore pressione atmosferica interna ai polmoni rispetto all’esterno del corpo.
A riposo il nostro corpo inspira ed espira la stessa quantità d’aria.
Attività fisica
Se iniziano un’azione fisica (un esercizio sportivo o una qualunque altra attività), la quantità di aria che siamo in grado di inspirare ed espirare viene limitata sia dalla pressione negativa che i muscoli creano in modo tale che i polmoni si possano espandere, sia dalla dimensione del volume in cui possono essere ricompressi.

Una persona allenata ha la capacità di inalare più aria per un periodo più lungo, e può espellere più anidride carbonica perché i muscoli attorno ai polmoni sono stati allenati a svolgere un maggiore lavoro.
Tutto questo è in relazione alla condizione dei muscoli che circondano i polmoni.
Un altro fattore limitante che controlla il quantitativo di aria che può essere trattata dai polmoni è la condizione all’interno di essi. I polmoni variano di dimensione, ovviamente in proporzione alla grandezza dell’individuo.
Quindi in termini di fitness, non è la dimensione che ci preoccupa, o la capacità totale del polmone, ma quanto questa capacità sia utilizzabile.
Questa porzione usufruibile è chiamata “capacità vitale” ed è misurata in laboratorio come la quantità di aria che può essere inspirata in modo massimale e quindi espulsa con un’espirazione forzata massimale.
Capacità respiratoria
Numerosi test hanno evidenziato che negli individui allenati la capacità vitale è circa il 75% della loro capacità polmonare totale. Spesso però anche le persone non allenate possono raggiungere questo risultato (come dimostra un altro test, chiamato “massimo volume minuto”).
Il residuo dell’aria nei polmoni dopo che il volume polmonare utilizzabile è stato espulso è chiamato “volume residuo” ed è praticamente fisso: neanche un atleta allenato può modificarlo.
Il volume residuo è quella quantità di aria che rimane appunto nel polmone , e che impedisce agli alveoli di “collabire” (facendo sì che non “si appiccichino” e che quindi impediscano i successivi atti respiratori).
Un fattore da non dimenticare mai è che gli alveoli, la parte terminale dell’albero bronchiale e l’unità funzionale effettiva degli scambi respiratori, sono tenuti aperti da una proteina particolare che tappezza la cavità.
Troppo volume residuo non è indice di buona salute; infatti, se il corpo si deteriora a causa di una malattia o per inattività, la porzione inutilizzata nei polmoni può aumentare, bloccandosi e occupando sempre più spazio, e quindi riducendo ulteriormente lo spazio per la respirazione normale.
In ultima analisi, il “fiato corto” può risultare anche a seguito di un’attività leggera come salire una rampa di scale.
L’effetto dell’allenamento può rovesciare le situazioni.
Allenando i muscoli attorno ai polmoni aumenterà la loro forza ed efficienza.
Un buon metodo per testare la condizione del respiro è quello di fare un respiro profondo e vedere quanto tempo si riesce a trattenerlo.
La maggior parte degli adulti in condizioni fisiche moderatamente buone e con i polmoni sani dovrebbe essere in grado di trattenere il fiato per 50 secondi e oltre.

Capacità Aerobica
L’attività aerobica riduce i rischi di patologie alle coronarie e altre malattie, inoltre “aggiunge anni” alla nostra vita.
Alcuni esempi di attività aerobica sono: la camminata sostenuta, la corsa, il nuoto, l’allenamento funzionale, il ciclismo e lo sci di fondo.
Tutte queste attività richiedono un aumento della respirazione, della circolazione, del metabolismo muscolare, e possono essere mantenute per un periodo di tempo sufficiente per indurre l’adattamento di questi sistemi.
E’ detta “aerobica” la capacità di prelevare ossigeno dall’aria per convogliarlo ai polmoni, trasportarlo nel sangue e distribuirlo ai muscoli attivi, dove viene utilizzato in organi subcellulari, detti mitocondri, preposti all’ossidazione dei carboidrati e dei grassi per produrre energia.
L’attività aerobica è sicuramente tra le migliori “medicine preventive” e si situa in un punto al di sopra della regolare attività giornaliera ed al di sotto della capacità massimale.
Mediante l’allenamento aumentando l’impiego arobico, viene sovraccaricato il sistema di trasporto e di utilizzazione dell’ossigeno, in modo da far sì che l’organismo si adatti a queste maggiori richieste, incrementando la capacità aerobica.
Iniziando la camminata, aumentando gradatamente l’andatura dal cammino alla corsa e continuando ad aumentare l’andatura fino a quando lo sforzo non diventi faticoso e la respirazione sostenuta (fino ad arrivare al punto in cui si comincia a dubitare della propria capacità di poter continuare), possiamo affermare che l’esercizio è stato aerobico – ovvero, realizzato in “presenza di ossigeno”.
Aumentando l’intensità dell’esercizio si passerà ad un’attività anaerobica, vale a dire ad un esercizio svolto in “assenza di ossigeno”.
L’attività anaerobica richiede sforzi intensi e di breve durata, con accumulo di acido lattico nel sangue.
L’aumento dei livelli di acido lattico e di anidride carbonica che si produce durante un’intensa attività fisica è associato ad una respirazione difficoltosa e ad una sensazione di malessere generale.

Il metabolismo
Il metabolismo aerobico di una molecola di glucosio è molto più efficiente di quello anaerobico; infatti, il metabolismo aerobico produce 38 molecole di ATP – la “moneta” energetica – per ogni molecola di glucosio, contro le 2 molecole di ATP prodotte dal metabolismo anaerobico; inoltre, il metabolismo aerobico produce una minore quantità di acido lattico.
Quindi, l’esercizio aerobico è relativamente piacevole e rilassante e mai spiacevole e doloroso.
Durante l’attività aerobica, vengono utilizzate come fonte energetica anche le abbondanti riserve corporee di grasso e ciò permette una prolungata produzione di energia.
L’attività aerobica può essere mantenuta comodamente da pochi minuti ad alcune ore, infatti, è possibile conversare tranquillamente durante un’attività aerobica moderata.
Sia la soglia di allenamento aerobico che la soglia anaerobica dipendono dal livello di forma: i soggetti sedentari hanno una soglia di allenamento più bassa rispetto agli individui attivi, i quali hanno anche una soglia anaerobica più alta.
Il calcolo della zona di allenamento aerobico/anaerobico, secondo Karvonen, si ricava nel seguente modo: 220 –l’età e si ottiene il VO2max (FCM), poi al risultato viene applicata la percentuale aerobica/anaerobica con la quale si vuole effettuare l’allenamento (dal 70% all’80%) della frequenza cardiaca massima teorica, l’allenamento è aerobico; mentre dall’80% in poi, l’allenamento è anaerobico.
Intensità dell’Esercizio
L’attività aerobica e quella anaerobica si differenziano anche in fatto di intensità: un’attività leggera e moderata è detta aerobica, mentre un’attività molto intensa è detta anaerobica.
La fonte principale di energia durante le attività aerobiche sono i carboidrati: la migliore i carboidrati complessi. Tutto i basa sul corretto metabolismo del glicogeno, sulla mobilizzazione e sull’immagazzinamento dello stesso.
La fonte successiva di energia, durante l’esercizio prolungato in condizione, è costituita dai grassi: la maggior parte viene posta in riserva sotto forma di trigliceridi negli adipociti.
Quando il glicogeno immagazzinato dai muscoli diminuisce, i trigliceridi vengono scissi in acidi grassi liberi e in seguito trasportati attraverso il sangue fino ai muscoli, dove vengono utilizzati per l’ossidazione.
L’ultima fonte di energia, che non dovrebbe mai essere utilizata, deriva dalle proteine; quando il corpo richiede proteine come energetico, i muscoli “mangiano se stessi”. E’ un bilancio assolutamente negativo; lo si vede usualmente a digiuno, durante diete incongrue e nel sovrallenamento.
Svolgendo un’attività aerobica a lungo termine, si avrà la possibilità d’immagazzinare quantitativi di glicogeno e di grasso intramuscolare quasi doppi rispetto ad una persona inattiva; ciò permetterà ai muscoli di avere una maggiore disponibilità energetica, a base di carboidrati, con un incremento della combustione dei grassi per ottenere energia.
Il sistema nervoso, infine, recluta differenti tipi di fibre muscolari all’aumentare dello sforzo fisico. Com’è noto, l’uomo possiede tre tipi di fibre muscolari:
- fibre a “contrazione lenta”, molto efficienti nell’utilizzazione dell’ossigeno;
- fibre a “contrazione media”, che utilizzano ossigeno e carboidrati (glicogeno muscolare), dette anche “fibre a glicosi ossidativa rapida”;
- fibre a “contrazione rapida”, dette anche a “glicolisi rapida”, non adatte al metabolismo aerobico.
Fermo restando che i fattori che influenzano l’attività aerobica sono di natura ereditaria, sessuale, anagrafica, costituzionale (grasso corporeo totale) e comunque soggettivi, va da sé che il costante allenamento tende a migliorare sistematicamente la capacità aerobica di base: proprio per questo è sempre consigliato, anche ad atleti di discipline “anaerobiche” – come il body bulding.
Patrizia Salviato
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Patrizia Salviato è riconosciuta da EREPS (Registro europeo dei professionisti del fitness) il quale raggruppa in un’unica banca dati centrale europea, tutti i professionisti del fitness che, certificati dalle Scuole di Formazione dell’Europa intera, hanno superato un processo di accreditamento.
AVVERTENZE Le informazioni contenute in questo articolo non intendono sostituirsi in nessun modo a parere medico o di altri specialisti. L’autrice declina ogni responsabilità di effetti o di conseguenze risultanti dall’uso di tali informazioni e dalla loro messa in pratica. Consultare il proprio medico di fiducia prima di intraprendere qualsiasi forma di attività fisica o regime alimentare.